martedì 27 maggio 2008

"Orlando furiosamente rotolando" di Enrico Messina

Ho investito parte delle mie serate a guardare amene partite di calcio, dove alla fine il gioco effettivo di rado supera l'ora di gioco.
Ieri sera invece ho deciso di presenziare un teatro per la terza volta nella mia vita.
La prima è stata meno di un 2 settimane fa con una rappresentazione sulla vita vera e leggendaria di San Rocco, spettacolo eccelso dove sono rimasto letteralmente incantato dalla bravura mimica e memonica dei due attori (Alessandro Manzini e Fausto Ghirardini , compagnia teatrale "Viandanze").
Settimana passata invece per la rassegna "Inventari Superiori" ero andato a Ghedi per assistere ad un racconto sui cercatori d'oro nel novarese nel secondo dopoguerra (Lucilla Giagnoni) , e lì in verità pur riconoscendo la bravura dell'attrice, non ero rimasto particolarmente attratto dalla sceneggiatura.
Ier sera, appunto, presenziando lo spettacolo alla sala Paolo VI di Desenzano ho davvero vissuto una delle mie più spassose ore (effettive) di divertimento.
Davanti al cantastorie Enrico Messina ho visto un film animato e dall'incedere ora tragico, ora sentimentale, con fabulose striature grottesche e sempre vivo nel ritmo come l'incedere di una vecchia locomotiva a vapore che non affronta sosta alcuna e che all'arrivo a destinazione lascia tutti i suoi passeggeri con una grandissima voglia di tornare presto a calcare quei binari di sincero coinvolgimento emotivo.
Messina, scalzo, con squilli di tromba, ora seduto sul suo sgabello di legno, ora trepidante all'impiedi sullo stesso a mimare le gesta coraggiose di temerari cavalieri bardati di pesanti armature "metallurgiche", protetti da lucenti scudi ottonati e armati di acuminate lance decorate a mo' di caramelle (bianche con la spirale rossa avvolgente sino in punta), è riuscito a proiettare nell'immaginario dello spettatore un lungometraggio colorato e avvincente.
E quest'opera omnia la forgia con la lentezza e l'esperienza del mastro ferraio grazie al suo potere affabulatore, alla sua dialettica che spazia dall'arabo al latino passando per il foggiano e il catanese , alla sua incredibile mimica facciale e ai suggestivi rumori di galoppate nei polverosi deserti mediorientali, di sferragliare di combattimenti con spade e mazze ferrate, di esclamazioni di bellissime principesse e emblematici Re.
La storia di Orlando il furioso, in preda a pene d'amore per la bella Angelica (principessa del Katay), che però ama Medoro, si intreccia con quella di Rodomonte, antagonista cristiano del sarceno Ferraù, con la storia struggente di Isabella, tra scontri epici dopo mesi di vana e statica attesa seppur fronteggiati nei schieramenti a ridosso del fiume o sul fianco del monte, baffi lunghi come ali d'aquila, incantesimi, draghi sputafuoco, ippogrifi, senni sperduti in ampolle di vetro relegate sulla Luna (che si può raggiungere con una sola lunga scala di legno), capanni di contadini e inseguimenti a perdifiato di cinghiali.
Ne esce fuori un dipinto che commistiona la potenza dei chiaro-scuri di Caravaggio alle peripezie surreali e sinuose di Dalì, ci sono anche le pennellate inquiete di Van Gogh che si sposano con le prospettive del Mantegna, e il tutto mi richiama alla mente un lavoro incompiuto del grande Andrea Pazienza, quello "Zanardi Medievale" che in un trionfo dell'eclettica arte del fumettista staglia la sua sagoma nel clima rarefatto di una campagna incolore come l'anima del marmo sembra emergere dai blocchi di pietra sotto i colpi di scalpello di Michelangelo Buonarroti.
Il ritratto di Orlando risulta alla fine sì segnato nelle tacche sullo scudo, nel viso impolverato e rigato dal sudore e nelle mani sanguinanti, ma il suo animo è più limpido e vero di un diamante finemente lavorato.
Un'ora di spettacolo effettivo davvero appagante con un assolo di un grande attore, interprete e distillatore di intense emozioni.
Una prestazione che si pone quasi ex-equo con lo slalom del fuoriclasse anglosassone Paul Gazza Gascoigne, quando partendo da centrocampo e dribblando mezza squadra avversaria mise a sedere il portiere e piazzò la palla sul primo palo di piatto sporco all'Adriatico di Pescara.
Qualche anno prima un fantasista argentino aveva fatto la stessa cosa.
L'unica sostanziale differenza sta nel fatto che l'uno era ubriaco lercio come una botte di rovere e l'altro invece imbottito lieto di coca come un piumino d'oca.
Entrambi pero' furiosi come l'Orlando, che nel fotogramma finale resta bloccato nel bel mentre di un furibondo combattimento contro un drago gigantesco e il cui destino verra' inventato di volta in volta dal nuovo cantastorie che verrà.

venerdì 23 maggio 2008

Three Second Kiss, Long Distance


brano 1: tamburrellamento sorretto da una linea di basso simil-Les Claypool, voce con effetto megafono, incedere progressvio smorzato da lampi di incedere ritmico più sostenuto.voto 9.
brano 2:ricami di chitarra su un muro ritmico di impatto notevole, cambio ritmico a metà brano amplificato da pause riflessive e riprese melodiche, finale piortecnico di artiglieria pesante contro-carro con spiccato potere deflagrante. voto 10.
brano 3:inizio in controtempo seguito da strascicamento vocale e a seguire violenta accelerazione di pelli e secche vibrazioni di basso su pregiate traiettorie della 6 corde. voto 8,5.
brano 4:inzio lento sotenuto da ritmi lenti che si infiammano sul finale dando fondo alla scorta (illimitata) di ritmi sincopatici e trame di chitarra taglienti come katane di Hattori Hanzo. voto 8.
brano 5:manifesto dell'album improntato su arzigogolati intrecci di chitarra, secche vibrazioni di basso e aritmie dei tamburi. voto 9.
brano 6: inizio lento e incedere lento ad abbracciare una ritmica saldamente fondata su stop&go con ripartenze brucianti e decelerazioni introspettive, finale pirotecnico con affondi che lasciano incisioni nette e ben definite. voto 9.
brano 7: inizio a colpi di scimitatarra e variazioni sul tema con colpi di fioretto, spada e scure che solo sapienti mestri d'ascia sarebbero capaci di scolpire nel legno più duro e stagionato. la scultura finale potrebbe essere frutto del miglior Buonarroti. voto 10.
brano 8: martelli pneumatici e vorticose betoniere pronte a vomitare masse di cemento che mutano poi in blocchi massivi di granito e crollano impetuosi sull'ascoltatore ignaro di tanta irruenza.voto 9,5.
brano 9:uno dei più violenti e sanguinosi episodi di battaglia campestre a colpi di mazze ferrate che sconvolge la quieta scena campestre irrorandola di purpureo sangue. l'apoteosi.voto 10.

Concerto del 13 aprile all'Interzona di Verona: se non fosse stato per l'impianto elettrico( che saltava ogni 5 minuti, e non mi capacito ancora adesso di come non abbiano sbroccato i tre caballeros) sarebbe stato un live paragonabile a "live in Japan" dei Deep Purple...e tra le altre cose nessuno della direzione ha avuto almeno la dignità di scusarsi pubblicamente con i presenti..."il futuro non è piu' quello di una volta!!!"

martedì 20 maggio 2008

la metropolitana di Ascoli

Caro Assessore ai lavori pubblici di Ascule, ci puole dicere quanne finisce li lavore 'n piazza per la realizzazione della famosa metropolitana che collegherà Ascoli a Bisanzio, Costantinopoli e Istanbul?
Nell'attesa di sua cortese risposta ci rilassiamo con una "capomilla" annanze "l'edicola", ddove nà vodda ce se mettiè sole li metallare...


15 maggio '08, Plutonense-Capriglia: 12-7






Ha piovuto tutto il santo giorno, il campo si presenta in pessime condizioni
e l'opera di smaltimento acque reflue non migliora la situazione.
Sono le 19.25 e il calcio d'inizio è solo tra 5 minuti.
I 10 giocatori decidono comunque di iniziare la partita.
Si preannuncia dura battaglia.
















La PLUTONENSE schiera innanzi al portiere di provata fama provinciale Skizzetto il classico modulo "a rombo" con Trobbia dietro Gazza a destra Penelope a sinistra e Tony Clifton al centrattacco come boa.
Il CAPRIGLIA risponde con un più accorto "due-due" con Piccioncino-Leo dietro e Tasso-Torres davanti.
L'inizio si concretizza con un forsennato pressing della Plutoniense che si porta avanti di tre gol, tra cui una diabolica palombella di Gazza che dopo il 3-0 arretra nelle linee difenseive per non concedere il reflusso degli avversari.














Il Capriglia però stenta nella manovra e fallisce limpide occasioni da gol, propiziando il contropiede avversario e aumentando così il gap di reti.
Il primo tempo si chiude sul parziale di 6-3.
Nel secondo tempo il Capriglia nel tentativo di recuperare terreno "affossa" nel fango dell'area avversaria e la Plutonense, col cinismo tipico della "squadra navigata" ne approfitta per chiudere la partita con azioni perentorie che fruttano un bottino consistente di reti e occasioni da gol.
Sul finire del match unica nota dolente della serata per Leo, che in un contrasto accidentale con Tony Clifton si spezza l'allice del piede sinistro.




Abbandona il campo e verrà portato al locale nosocomio dal buon Skizzetto, lasciando così le due formazioni 4 contro 4.
La partita finisce mestamente con fasi di gioco confuse e con gli schemi che inevitabilmente vanno all'aria, condizione questa che non fa altro che favorire ancor più la Plutonense. Finisce 12 a 7.

Leo ne avrà per 30 giorni.
La redazione tutta e l'intero staff della Plutonense, ad iniziare dagli avversari sul campo, fanno i più sentiti e sinceri auguri di pronta guarigione.
Forza Leo!!! t'aspettiamo per la rivinicita!!!

grazie Valerio, per aver scolpito il tuo sorriso nei nostri cuori

Ciao Valè, so' passati tre anni ma noi non ti abbiamo dimenticato. Quel nefasto giorno che accadrà significherà che noi altri abbiamo vissuto invano. Gli Ultras Monzon porteranno sempre nel loro piccolo ma impavido cuore il tuo grande sorriso.